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Le parole delle emozioni e dei sentimenti in Dante (Società Dante Alighieri e Accademia della Crusca)

Introduzione

Per il nostro progetto abbiamo scelto di portare due temi molto importanti nella commedia, la pietà e lo sdegno.
Questi infatti rappresentano a pieno le emozioni di Dante lungo gran parte del suo percorso, che prova nei confronti delle anime. A volte prova una pietà nel senso cristiano di compassione verso le sofferenze altrui, a volte, prevalentemente nell'inferno, uno sdegno legato al motivo per cui quelle sono state giudicate da Dio.

Definizione di pietà del GDLI:

Sentimento di benevola e sollecita compassione suscitato da una particolare situazione di dolore o di sventura in cui altri si trovano (e concreta manifestazione di essa nell'espressione, negli atti, ecc.); disponibilità dell'animo alla caritatevole solidarietà per le sventure altrui. - Anche: ritegno a provocare il danno altrui, a infierire, a infliggere sofferenze.

Definizione di sdegno del GDLI:

Sentimento di indignazione e di biasimo nei confronti di quanto offende il proprio senso morale, la propria dignità o il proprio orgoglio; riprovazione, senso di rivolta per un'ingiustizia.

Riflessioni

Pietà

Pietà è un sostantivo molto importante per Dante che lo usa numerose volte soprattutto nella "Vita nova". Per Dante la pietà è un concetto talmente importante che lui stesso ci offre una sua definizione nel Convivio (II X 6): "E non è pietade quella che crede la volgar gente, cioè dolersi de l'altrui male, anzi è questo uno suo speziale effetto, che si chiama misericordia ed è passione: ma pietade non è passione, anzi è una nobile disposizione d'animo, apparecchiata di ricevere amore, misericordia e altre caritative passioni."

Possiamo notare come, nella Commedia, Dante faccia largo uso delle parole legate alla pietà, distribuendo queste 27 occorrenze in ben 21 canti diversi di cui ben 11 appartenenti all'Inferno. Questo, come la presenza delle occorrenze in soli 2 canti del paradiso è dovuto al graduale distacco che si attua nel poema, man mano che si sale verso il paradiso, dalle emozioni terrene come la pietà cristiana. Infatti troviamo la maggior parte delle occorrenze nell'Inferno, luogo strettamente collegato alla vita terrena e al suo rimpianto. Ciò però può apparire in netto contrasto con l'ambiente infernale e con la sua funzione di giudizio morale verso le pratiche e i costumi immorali e lontani da Dio, ma non lo è, in quanto Dante, sebbene nell'inferno giudichi moralmente i dannati, lo fa non come un giudice divino privo di qualsiasi emozione se non l'amore verso Dio, ma come un giudice umano, in grado di provare emozioni e di compatire i condannati. Dobbiamo inoltre ricordare che, come ci fa notare molteplici volte lo stesso Dante, lui è vivo, e quindi non è connesso direttamente con Dio come tutte le anime dei morti, e per questo è ancora dotato del suo fallibile libero arbitrio che può fargli elargire giudizi che agli occhi della perfetta morale divina sono sbagliati.

Mentre nel purgatorio, luogo in cui ci si inizia a distaccare dalle passioni terrene e dai peccati per poter accedere al paradiso, possiamo notare come due terzi delle occorrenze siano concentrati nei canti riguardanti la parte antecedente alla terza cornice, questo probabilmente poiché, essendo la pietà un sentimento estremamente collegato ai peccati di superbia e di invidia, i quali impediscono di provarla, diventa implicita e scontata, una volta che i due peccati sono stati espiati con il passaggio delle due balze e l'ottenimento delle virtù opposte dell'umiltà e della carità.

Infine nel paradiso, le occorrenze sono solo 2 poiché la pietà è un sentimento che, per quanto positivo, è umano e per questo non appartenente a questo regno di natura perfetta e divina. Le due occorrenze sono però estremamente importanti, specie la seconda nel canto XXXIII, nella lode che fa San Bernardo alla Madonna, in cui viene detto come essa sia una sua virtù implicita. Questo probabilmente serve a dimostrarci come l'amore di Dio verso le sue creature, amore incarnato dalla figura della Madonna, sia infinito e magnifico, e che esso sia un sentimento trascendente, e che abbia in sé implicite le virtù come per l'appunto la pietà.

Sdegno

Dante non utilizza la parola "sdegno" nella sua forma base nella Divina Commedia, ma ricorre a dei derivati di questa parola (aggettivo, verbo e sostantivo composto), come "sdegnoso", "sdegnare" e "disdegno". In questo modo, Dante ha potuto adattare e far emergere le varie sfumature del termine ai diversi contesti nelle tre cantiche della Divina Commedia: Inferno, Purgatorio e Paradiso.

Nell’Inferno, "sdegno" e i suoi derivati spesso indicano un atteggiamento rancoroso di dannati che esprimono rabbia sia verso la loro condizione, sia verso i vivi, come Dante, che viaggiano nell'aldilà.

Un esempio significativo dell'uso delle parole derivate da "sdegno" nell' Inferno si trova nel Canto VIII, in cui viene usato per descrivere un forte sentimento di rifiuto e disgusto che i diavoli provano nei confronti di Virgilio e Dante. Oppure lo ritroviamo nel canto IX in cui “disdegno" ci descrive la cattiveria di coloro che custodiscono l'Inferno, dandoci l’idea dell'ambiente ostile e delle difficoltà che Dante ha dovuto affrontare. In alcune circostanze più gravi, come possiamo vedere nel canto di Pier della Vigna, al contrario, il termine ci fa percepire una certa antipatia che può portare l’individuo addirittura al suicidio, per sottrarsi ad una tale pressione emotiva. Nell’Inferno troviamo questo termine anche con l’accezione di alterigia, superbia. Un esempio si può ritrovare nel canto X, nel quale Farinata, conosciuto per la sua arroganza ed il suo orgoglio, osserva Dante "sdegnoso", considerandolo per la sua reputazione. Inoltre, nell’Inferno, nei canti X e XIV troviamo anche lo sdegno inteso come gesto di disprezzo per Dio, per la Fede, per la religione. Nel primo canto si evidenzia l ’Ateismo di Guido perché profondamente razionale, nel secondo appaiono i violenti contro Dio e tra questi il bestemmiatore Capaneo, che ebbe l’audacia di affrontare Giove. Nel canto XXXII, infine, troviamo la parola "disdegno" utilizzata nella descrizione di un atto di estrema violenza, mettendo in rilievo la crudeltà di Tideo, personaggio della mitologia. L’uso di questo termine ha permesso di passare dal semplice disprezzo ad un grado più bestiale e violento.

Nel Purgatorio, i termini legati allo "sdegno" prendono un significato un po’ differente. Qui, le anime purganti e gli angeli lo intendono come sentimento di ripudio verso qualcosa di terreno. Un esempio è quello dell’Angelo nocchiero, nel canto II, che respinge i mezzi umani. In questo contesto, "sdegna" mette in evidenza una maggiore potenza spirituale rispetto a quella terrena.

Nel contesto del Paradiso, i termini legati allo "sdegno" assumono ancora altri aspetti. Qui, le anime possono provare questo sentimento nei confronti della cattiveria umana e del peccato commessi nel mondo terreno. Nel canto XXXIII, questo termine è usato per esprimere il contrario di un rifiuto. Dio non sentì disprezzo quando si incarnò in uomo, considerandolo uno stato degno, mostrando un atto di amore e accoglienza nei confronti dell’umanità.

In ciascuna terzina, quindi, "sdegno" e derivati sono utilizzati in modo tale da enfatizzare il percorso delle anime dall’ Inferno, trovandosi in una circostanza di dolore e violenza, attraversando il Purgatorio con un atto di purificazione, fino ad arrivare al Paradiso.